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Orario di lavoro

L’organizzazione dell’orario di lavoro del dirigente medico ed, in particolare, l’assegnazione dei turni di guardia e di pronta disponibilità sono disciplinati dagli art. 14, 16 e 17 del CCNL 3.11.2005. A tal riguardo, il contratto prevede che nell’ambito dell’assetto organizzativo dell’Azienda, “i dirigenti…, assicurano la propria presenza in servizio ed il proprio tempo di lavoro, articolando in modo flessibile l’impegno di servizio per correlarlo alle esigenze della struttura cui sono preposti ed all’espletamento dell’incarico affidato in relazione agli obiettivi e programmi da realizzare” (v. art. 14, co. 1, CCNL 3.11.2005). Inoltre la stessa norma contrattuale stabilisce che “la presenza del dirigente medico nei servizi ospedalieri delle aziende, nonché in particolari servizi del territorio individuati in sede aziendale, deve essere assicurata nell’arco delle 24 ore e per tutti i giorni della settimana mediante una opportuna programmazione ed una funzionale e preventiva articolazione degli orari e dei turni di guardia” (v. art. 14, co. 7, CCNL 3.11.2005).

L’intera disciplina contrattuale relativa all’orario di lavoro, è improntata al principio dell’equa distribuzione dei turni di servizio fra medici afferenti alla stessa struttura. In via generale, l’obbligo di espletare i turni di guardia ed i servizi di pronta disponibilità ricade su tutti i dirigenti medici, con la sola eccezione dei titolari di struttura complessa (v. art. 16 e 17 del CCNL 3.11.2005). Nello specifico, con riferimento all’istituto della pronta disponibilità, l’art. 17 del CCNL 3.11.2005 nello stabilire che “sono tenuti al servizio di pronta disponibilità tutti i dirigenti esclusi quelli di struttura complessa in servizio presso unità operative con attività continua nel numero strettamente necessario a soddisfare le esigenze funzionali”, dispone altresì che il servizio di reperibilità sostitutivo della guardia “coinvolge a turno individuale”, tutti i dirigenti non responsabili di struttura complessa.
Anche con riferimento ai servizi di guardia medica, la normativa stabilisce che devono essere garantiti “da tutti i medici esclusi quelli responsabili di struttura complessa” (v. art. 16, co. 3), nelle ore notturne o nei giorni festivi, indipendentemente dall’esclusività del rapporto. In altri termini, le richiamate disposizioni contrattuali esprimono un generale principio di parità di trattamento che l’Azienda (e, per il suo tramite, il responsabile di struttura) deve rispettare in caso di assegnazione dei medici a turni di servizio, di guardia o di pronta disponibilità.
Il principio in questione, ammette delle eccezioni solo in casi tassativamente previsti dalla legge e dalla contrattazione collettiva, quali, ad esempio, il part-time, l’esonero dal lavoro notturno per la lavoratrice madre, oppure per il dipendente che versa in particolari condizioni psicofisiche accertate con giudizio del medico competente, o ancora per colui che gode dei benefici della L. n. 104 del 1992 in materia di assistenza a persone disabili. Ne deriva che, mentre sono giustificabili trattamenti diversi per situazioni e condizioni lavorative disomogenee (quali, come detto, l’esonero dal lavoro notturno per motivi di salute, il part-time, la maternità, etc.), non potrà, di converso, essere ritenuta legittima un’articolazione dell’orario di lavoro che determini in modo arbitrario ed ingiustificato, una diversa distribuzione dei turni e dei carichi di lavoro fra il personale medico operante nella medesima struttura. La responsabilità dell’organizzazione del lavoro nell’ambito di una unità operativa attraverso la distribuzione dei compiti e dei carichi lavorativi ai medici che ne costituiscono l’equipe (ivi compresa l’articolazione dei turni), è compito specifico del responsabile dell’unità operativa stessa.

Con riferimento all’orario di lavoro del dirigente medico, la contrattazione collettiva prevede che nell’ambito dell’assetto organizzativo dell’azienda, “i dirigenti che non rivestono il ruolo di responsabile di struttura complessa, assicurano la propria presenza in servizio ed il proprio tempo di lavoro, articolando, con le procedure individuate dall’art. 6, co. 1, lett. B) (concertazione sindacale), in modo flessibile l’impegno di servizio per correlarlo in relazione agli obiettivi e programmi da realizzare” (v. art. 14, co. 1, CCNL 3.11.2005). A tal fine, l’orario di servizio dei dirigenti, non aventi incarico di responsabile di struttura complessa, “è confermato in 38 ore settimanali, al fine di assicurare il mantenimento del livello di efficienza raggiunto dai servizi sanitari e per favorire lo svolgimento delle attività gestionali e/o professionali, correlate all’incarico affidato e conseguente agli obiettivi di budget negoziati a livello aziendale, nonché quelle di didattica, ricerca ed aggiornamento” (v. art. 14, co. 2, CCNL 3.11.2005).
Durante lo svolgimento dell’orario di lavoro così fissato, è previsto che quattro ore settimanali siano destinate ad attività non assistenziali, quali l’aggiornamento professionale, la partecipazione ad attività didattiche, la ricerca finalizzata ecc. Tale riserva di ore, che non rientra nella normale attività assistenziale e che non può essere oggetto di separata e aggiuntiva retribuzione, va utilizzata di norma con cadenza settimanale, ma, per particolari necessità di servizio, può essere cumulata in ragione di anno per gli impieghi sopra descritti o per l’aggiornamento facoltativo (v. art. 14, co. 4, CCNL 3.11.2005). Peraltro, la disciplina contrattuale prevede la possibilità, per l’Azienda sanitaria, di utilizzare 30 minuti settimanali delle quattro ore riservate all’aggiornamento professionale (di cui all’art. 14, co. 4, CCNL 3.11.2005), per un totale massimo di 26 ore annue, al fine di contribuire a ridurre le liste di attesa ovvero per il perseguimento degli obiettivi assistenziali e di prevenzione definiti con le medesime procedure (art. 14, co. 5).

Esistono dei limiti all’orario di lavoro.
L’articolo 41, comma 13, della legge 133/2008 escludeva l’applicazione ai dirigenti medici dell’art. 7 del D.lgs. n. 66/2003 (Disciplina quadro in materia di orario di lavoro), secondo cui il lavoratore ha diritto ad 11 ore di riposo giornaliero.
Tuttavia, la Corte di Giustizia Ce ha stabilito che tale disposizione violava la disciplina comunitaria. Pertanto, lo Stato italiano ha abrogato la predetta normativa con l’articolo 14, comma 1, L. 161/2014. Quest’ultima disposizione prevede che per i dirigenti sanitari torna in vigore il limite massimo delle 13 ore di lavoro nell’arco della giornata “decorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge”, ovvero a partire dal 25 novembre 2015. L’azienda dovrà quindi garantire al medico la fruizione con cadenza giornaliera di un adeguato periodo di riposo obbligatorio e continuativo, in misura tale da garantire l’effettiva interruzione tra la fine della prestazione lavorativa e l’inizio di quella successiva. Per «riposo adeguato» la legge intende “il fatto che i lavoratori dispongano di periodi di riposo regolari, la cui durata è espressa in unità di tempo, e sufficientemente lunghi e continui per evitare che essi, a causa della stanchezza della fatica o di altri fattori che perturbano la organizzazione del lavoro, causino lesioni a se stessi, ad altri lavoratori o a terzi o danneggino la loro salute, a breve o a lungo termine” (v. art. 1, D.lgs. 66/2003). Sempre per effetto dell’abrogazione in esame, a partire dalla medesima data, la prestazione lavorativa non può superare le 48 ore settimanali. Va infine osservato che la giurisprudenza, a prescindere dall’applicazione di determinate regole, riconosce l’esistenza di un generale limite di ragionevolezza nella determinazione dell’orario lavorativo, il cui superamento determina la compromissione dell’integrità psicofisica del dipendente, con conseguente diritto al risarcimento del danno.

Straordinario. 
Il CCNL prevede che le ore prestate in caso di chiamata durante i turni di pronta disponibilità ed, eccezionalmente, le ore necessarie, in tutto o in parte, per assicurare i turni di guardia, sono da considerarsi orario straordinario per i dirigenti medici non responsabili di struttura complessa (artt. 16 e 17, CCNL 3.11.2005). In particolare, l’istituto del lavoro straordinario del dirigente medico è disciplinato dall’art. 28 del CCNL integrativo 10.2.2004. Sul punto, il comma 1 dell’art. 28 stabilisce che “il lavoro straordinario non può essere utilizzato come fattore ordinario di programmazione del lavoro. Le relative prestazioni hanno carattere eccezionale e devono rispondere ad effettive esigenze di servizio”. La stessa norma conferma che le prestazioni di lavoro straordinario sono consentite ai soli dirigenti di ex I livello per: i servizi di guardia, i servizi di pronta disponibilità (in caso di chiamata), far fronte a straordinarie e non programmabili esigenze di servizio. Le prestazioni possono essere compensate a domanda del dirigente con riposi sostitutivi da fruire, compatibilmente con le esigenze di servizio, di regola entro il mese successivo tenuto conto delle ferie maturate e non fruite (v. art. 28, co. 2, CCNL integrativo 10.2.2004).

Riposo settimanale.
L’art. 9, co. 1, del D.lgs. 66/2003 stabilisce che “Il lavoratore ha diritto ogni sette giorni a un periodo di riposo di almeno ventiquattro ore consecutive, di regola in coincidenza con la domenica, da cumulare con le ore di riposo giornaliero (11 ore). Il suddetto periodo di riposo consecutivo è calcolato come media in un periodo non superiore a 14 giorni”. Tale riposo deve essere goduto “di regola in coincidenza con la domenica”, sebbene in alcuni casi (es. “servizi ed attività il cui funzionamento domenicale corrisponda ed esigenze tecniche ovvero soddisfi interessi rilevanti della collettività ovvero sia di pubblica utilità”, v. art. 9, co. 3, lett. d), D.lgs. 66/2003) può essere fissato in un giorno diverso. La suddetta disciplina legale del riposo settimanale può essere derogata dai contratti collettivi, a condizione che ai prestatori di lavoro siano accordati periodi equivalenti di riposo compensativo o, in casi eccezionali in cui la concessione di tali periodi equivalenti di riposo compensativo non sia possibile per motivi oggettivi, a condizione che ai lavoratori interessati sia accordata una protezione appropriata (v. art. 9, co. 2, lett. d) e art. 17, co. 4, D.lgs. 66/2003). In materia, la contrattazione collettiva per l’area della dirigenza medica ed in particolare l’art. 22, comma 3, del CCNL del 1996 stabilisce che “il riposo settimanale non è rinunciabile e non può essere monetizzato”. Inoltre è disposto che in relazione all’assetto organizzativo dell’azienda o ente e all’orario di lavoro, il riposo settimanale coincide di norma con la giornata domenicale. Il numero dei riposi settimanali spettante a ciascun dirigente è fissato in numero di 52 all’anno (v. art. 22, co. 1). Ove non possa essere fruito nella giornata domenicale, il riposo settimanale deve essere fruito, avuto riguardo alle esigenze di servizio in altra giornata (v. art. 22, co. 2). 

Richiesta Rapporto di lavoro part-time per assistere un familiare affetto da una patologia. La domanda di passaggio al rapporto di lavoro part-time è subordinata a una valutazione discrezionale dell’amministrazione ricevente, la quale “può” accordarla entro 60 giorni dalla domanda, oppure negarla in tutti casi in cui la trasformazione comporti, in relazione alle mansioni e alla posizione organizzativa ricoperta dal dipendente, un pregiudizio alla funzionalità dell’amministrazione stessa (v. art. 1, co. 58, L. n. 662/1996 come modificato dalla L. 133/2008). In ogni caso, le ragioni dell’eventuale diniego devono essere esplicitate in modo evidente e puntuale da parte dell’amministrazione (cfr. Circ. Dip. Fun. Pubb. n. 9/2011).
Qualora il diniego alla trasformazione del rapporto, non fosse fondato su obiettive esigenze organizzative, ma risultasse del tutto arbitrario e/o contradditorio, il dirigente potrebbe agire contro l’amministrazione per il risarcimento dei danni subiti da perdita di chance. La legge prevede un diritto di priorità o precedenza nella trasformazione del rapporto da full time a part-time, per le seguenti categorie di soggetti: 1) lavoratori che assistono coniuge, figli o genitori affetti da patologie oncologiche o gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti (art. 8, comma 4, D.lgs. n. 81/2015); 2) lavoratori che assistono una persona convivente con inabilità lavorativa totale e permanente, che assuma connotazione di gravità ai sensi della legge 104/92 – art. 3 comma 3, alla quale sia stata riconosciuta una percentuale di invalidità pari al 100%, con necessità di assistenza continua; 3) lavoratore o della lavoratrice, con figlio convivente di età non superiore a tredici anni o con figlio convivente portatore di handicap.

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